Passato prossimo by Anne Sinclair

Passato prossimo by Anne Sinclair

autore:Anne Sinclair [Sinclair, Anne]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2022-01-20T23:00:00+00:00


1 Letteralmente, «Ristoranti del cuore», una rete associativa francese lanciata dall’attore comico Coluche, allo scopo di distribuire pasti alle persone povere o in difficoltà (N.d.T.).

8

Gorbačëv, Hassan II, Tapie,

Finkielkraut e altri ancora…

Realizzare questo programma fuori dalla Francia non era facile, poiché erano rari gli stranieri in grado di parlare correntemente il francese. Alle 19 della domenica su TF1 i sottotitoli erano banditi: rimaneva solo la traduzione simultanea, che a quanto pare scoraggia il grande pubblico. Lo conferma la puntata con Woody Allen citata nel capitolo precedente, che fece registrare dati di audience pietosi rispetto alle altre. Sei milioni di telespettatori, comunque, giusto per dare una misura all’aggettivo «pietoso».

Non ricordo quale fu l’audience della puntata con Michail Gorbačëv, ma non ha importanza, perché fu una delle più significative per me e coincise con la Storia che si andava scrivendo in quel momento.

Erano diversi mesi che cercavo di ottenere un incontro con Gorbačëv, il segretario del PCUS, successore di Černenko e Andropov alla testa dell’Unione Sovietica. Si era fatto notare fin dal suo avvento al potere nel 1985, avendo tagliato di netto con l’era brezneviana, per non dire stalinista, del Paese. Riformatore, non necessariamente per convinzione ma per necessità, per rimettere in moto un impero in stallo aveva lanciato la perestrojka, «ricostruzione», e la glasnost’, «trasparenza». Aveva cercato di ammorbidire un regime dittatoriale nato nel 1917, causando sconvolgimenti in tutta l’Unione Sovietica soprattutto a partire dal novembre 1989, dalla caduta del Muro di Berlino, con il successivo crollo delle dittature comuniste nell’Europa dell’Est. Accelerazione delle riforme economiche, alleggerimento delle strutture politiche – Gorbačëv fu l’uomo che ebbe l’estremo coraggio e il merito di affrontare in questo modo la condizione di un colosso ormai fossilizzato da decenni.

Dovetti trattare per alcuni mesi con Andrej Gračev, il suo consigliere, uno storico diventato poi giornalista. Gračev vive a Parigi dagli anni Novanta e oggi scrive per varie testate europee, ma all’epoca era il capo ufficio stampa del leader sovietico, che stava per essere esautorato. Aveva promesso di farmi sapere quando sarebbe venuto il momento giusto.

Accadde ai primi di dicembre 1991. Partii per Mosca per raggiungere la mia squadra, che era già sul posto dal giorno prima; lì ritrovai Ulysse Gosset, corrispondente di TF1 in URSS da diversi anni, che stava mettendo a punto i dettagli pratici della puntata e che avrebbe partecipato all’intervista insieme a me.

Il giorno previsto per l’incontro a Mosca nevicava, e la temperatura era scesa a meno 20 °C. Un paesaggio alla Tolstoj, vuoto, cupo e gelido. Arrivati al Cremlino, la guardia all’entrata ci chiede cosa siamo venuti a fare e noi rispondiamo. «Perché mai volete fare un’intervista a Gorbačëv?» replica lui, con tono quasi insolente. Pareva proprio che le cose stessero cambiando molto rapidamente, nel vecchio «Paese dei Soviet» di Tintin!

Saliamo al piano di sopra. Corridoi infiniti, minacciosi, senza un’anima viva. Il Cremlino sembra svuotato di tutti i suoi occupanti. File di uffici chiusi scorrono mentre camminiamo verso quella che è ancora la tana del capo. Sono sensibile all’atmosfera storica che permea il



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